«Poichè Dio ha tanto amato il mondo che ha mandato il Suo Unigenito Figliuolo (Cristo Gesù) affinchè CHIUNQUE CREDE IN LUI non perisca ma abbia vita eterna» (Giovanni Cap.3 verso 16) Questo blog è stato creato esclusivamente a scopo evangelistico.
lunedì 29 novembre 2010
Dalle tenebre alla luce. Dalla morte alla vita. Testimonianza di Carlo Fumagalli ex prete ed antropologo.
Dalle tenebre alla luce. Dalla morte alla vita.
Testimonianza di Carlo Fumagalli ex prete ed antropologo.
Nacqui ad Olgiate Molgora (Como) nel 1934. A nove anni entrai nel seminario Arcivescovile di Milano a Masnago (Varese). Dopo cinque anni mi associai ai Missionari della Consolata di Torino, preso i quali frequentai il ginnasio, liceo, noviziato, due anni di filosofia e quattro di teologia.
Dopo la mia ordinazione sacerdotale, nel 1961, fui destinato a insegnare nel Seminario della Consolata di Bevera (Castello di Brianza). Nel 1966, fui nominato direttore spirituale del Seminario, in questa carica rimasi fino al 1968, quando mi fu offerto di andare negli Stati Uniti per ulteriori studi. Prima di varcare l'oceano, andai alcuni mesi anni a Londra, dove apri un collegio teologico.
Con questo stato d'animo andai in Africa dove, nel novembre del 1974, iniziai la mia ricerca tra i Samburu del Kenya Settentrionale. Il mio intento era quello di condurre una complessa ricerca della cultura, società ed economia dei Samburu, unitamente allo studio della storia e dell'ecologia del posto, così da poter identificare i fattori critici di cambiamento socio-economico operanti in società tribali, influenzati da governi coloniali e nazionali.
Anche se avevo dure giornate di lavoro, alla sera avevo lunghe ore libere che trascorrevo nella riflessione e meditazione. Lontano da ogni forma di pressione esterna e routine formalizzata, ebbi così tempo per pensare un pò a me stesso e per dare ascolto alle onde tumultuose e agitate della mia anima tanto insoddisfatta del tipo di vita che conducevo.
Nel mio cuore sapevo che l' unica decisione onesta alla quale potevo giungere era quella di lasciare il mio istituto e il sacerdozio. A ciò giunsi nella prima parte del 1975. A quel punto, sentii una grande pace crescere in me, e sperimentai un grande senso di liberazione.
Nel febbraio del 1976, al termine della mia ricerca in Africa, ritornai negli Stati Uniti. Libero ora da ogni legame ed obbligo con la Chiesa Cattolica, decisi di fare la mia strada, stabilendo da me stesso quello che era giusto o sbagliato, vero o falso, divenni, in altre parole, un agnostico. Il mio unico scopo divenne quello di perseguire una carriera come professore universitario.
Nel settembre del 1977, ottenni il dottorato (Ph.D.) in antropologia e, nel novembre dello stesso anno, Roma mi rilasciò la dispensa da ogni obbligo sacerdotale. Nel frattempo continuai la mia ricerca, specialmente nell' occulto e nelle religioni orientali. Ma nel mio cuore c'era un gran vuoto che niente poteva colmare; nella mia mente c'era una grande sete e fame di verità, d'amore e di giustizia, che niente poteva soddisfare. Mi ero allontanato quasi completamente da ogni forma e pratica religiosa tradizionale. Quotidianamente però leggevo qualche brano del Nuovo Testamento.
Ai primi di Marzo del 1979, iniziai a leggere il libro "The Late Great Planet Earth" di Hal Lindey (tradotto anche in italiano col titolo: Addio Terra Ultimo Pianeta), un libro che avevo qualche giorno prima comprato "casualmente" in un negozio di Buffalo.
Come di regola, iniziai a leggere il libro con grande scetticismo e con senso molto critico. Dopo alcuni capitoli però mi dovetti fermare perché, per la prima volta in vita, mi trovavo di fronte ad un fatto completamente nuovo: varie profezie, scritte circa 2500-2600 anni fa, stavano ora avverandosi sotto ai miei occhi.
Nei lunghi anni di università, avevo imparato che neppure il più grande scienziato del mondo può prevedere con certezza quello che può accadere all'indomani. Dovetti perciò concludere che la Bibbia deve essere vera e che può solo venire da Dio. In quello stesso momento, ancora seduto al mio tavolo di studio, fui convinto di essere un peccatore e che, come tale, non c'è l'avrei mai fatta a salvarmi con le mie sole forze. Compresi allora, senza alcuna ombra di dubbio, che Gesù era morto sulla croce per me, e che l'unica via per essere salvato era di chiedere direttamente a Lui di perdonare i miei peccati, e di entrare nel mio cuore come il mio Signore e Salvatore. E così feci.
La risposta di Gesù al grido del mio cuore fu istantanea e meravigliosa. In quel momento sperimentai la potenza della grazia divina che mi lavava e mi purificava da tutti i peccati, sozzure e iniquità. Piangendo di gioia, dovetti inginocchiarmi per gustare la potenza dell'amore e del sacrificio redentivo di Gesù, che aveva salvato un grande peccatore come me.
In quel momento ero divenuto "figlio di Dio" (Giovanni 1:11-13), ero "nato nuovamente" nella vita dello Spirito (Giovanni 3:3-7), in forza del "seme incorruttibile della Parola di Dio" (1 Pietro 1;1-23); avevo ricevuto " la certezza di essere salvato" (Efesini 2:8; Romani 8:16) ed avevo avuto un assaggio dello squisito banchetto spirituale che Gesù ha promesso a tutti quelli che lo ricevono nel loro cuore ( Apocalisse 3:20).
Da quel giorno in poi, sento come un fuoco ardere in me. Il Signore mi ha dato una tale fame e sete per la sua parola (che ora so essere l'unica fonte di verità), che la maggior parte del mio tempo di studio lo dedico alla Bibbia.
missione evangelo p.s.e
giovedì 25 novembre 2010
Cibare le pecore o divertire le capre?

Cibare le pecore o divertire le capre?
“E tutte le genti saranno riunite davanti a lui ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri” (Matteo 25:32)
Originariamente attribuito a C.H. Spurgeon, questo scritto appare essere la versione redatta del sermone di uno dei suoi studenti, Archibald G. Brown, pubblicato nel 1889; a mio avviso è un testo di estrema attualità:
Del male sta infestando il campo del Signore; la cosa è talmente chiara che perfino un credente miope se ne accorgerebbe. Negli ultimi anni, questo genere di male si è diffuso in modo davvero impressionante. Si è propagato come un lievito che ha fatto fermentare tutta la pasta.
Il diavolo ha, in un certo senso, cambiato tattica: affinando le sue astuzie, ha fatto credere alla chiesa che parte della sua missione sia quella di divertire e intrattenere la gente, conquistandola così a sé. Seppure abbia iniziato il suo mandato annunciando l’Evangelo, la chiesa ha lentamente abbassato i toni della propria testimonianza per poi strizzare l’occhio alle frivolezze del momento, giustificandole. Successivamente, ha permesso che queste stanziassero presso i propri confini per poi adottarne l’utilizzo con il pretesto di raggiungere le masse!
1. Vorrei per prima cosa affermare che in nessuna parte delle Scritture leggiamo che procurare intrattenimento o divertimento sia una delle funzioni della Chiesa del Signore. Se questo è uno degli aspetti del servizio cristiano, perché Cristo non ne ha parlato? Perché non ha piuttosto comandato ai Suoi: “Andate in tutto il mondo, predicate l’Evangelo e provvedete intrattenimento a quanti non lo gradiscono”? Non troviamo parole del genere; non sembrano proprio accostabili al pensiero del nostro Maestro. Da dove saltano fuori allora questi intrattenitori? Lo Spirito Santo non ne parla per niente. Gli antichi profeti erano perseguitati perché divertivano la gente, oppure perché ne denunciavano il peccato? Gli organizzatori di concerti non rientrano nella lista dei martiri.
2. Inoltre, intrattenere e divertire le persone è in diretta opposizione agli insegnamenti e alla vita stessa di Cristo e dei Suoi apostoli. Qual era l’identità della chiesa del Nuovo Testamento rispetto al mondo? “Voi siete il sale della terra”, non lo “zuccherino”! Il Signore ha forse introdotto “ad arte” degli elementi piacevoli ed accattivanti nei Suoi insegnamenti? Sarebbe stato sicuramente più popolare. Quando “molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano piú con lui”, Gesù non disse a Pietro: “Corrigli dietro e digli che domani avremo un tipo di culto diverso, qualcosa di breve e attraente, un sermoncino di poche parole per poi passare una bella serata insieme. Convincili che sicuramente apprezzeranno! Sbrigati, Pietro, dobbiamo raccogliere persone in qualche modo!”.
No! Gesù ha mostrato compassione per i peccatori, sospirato e pianto per loro, ma non ha mai pensato di intrattenerli!
Invano si potrebbero scrutare le epistole del Nuovo Testamento per trovare una seppur piccola traccia del “vangelo dell’intrattenimento”. Il loro messaggio è, piuttosto: “… uscite di mezzo a loro e separatevene, dice il Signore, e non toccate nulla d’impuro …”. Qualsiasi cosa che si avvicina al divertimento o all’intrattenimento è palesemente tale proprio per l’assenza di questo messaggio. La chiesa del Signore è tale, invece, perché ripone assoluta fiducia nella potenza del Vangelo e non usa alcun altro mezzo di conquista.
Dopo che Pietro e Giovanni furono imprigionati a causa della loro predicazione, la Chiesa si mise in preghiera, ma non dissero al Signore: “O Dio, concedi ai tuoi servitori di poter, attraverso un uso saggio e opportuno di un innocente ricreazione, far vedere a questa gente quanto siamo felici”. No! Non cessarono di predicare Cristo. Non avevano letteralmente tempo per organizzare momenti di ricreazione. Dispersi dalla persecuzione, andarono ovunque predicando l’Evangelo. Misero sottosopra il mondo: questa è la sola differenza rispetto alla chiesa di oggi!
3. In ultimo, l’intrattenimento o il divertimento viene meno nel raggiungere l’effetto desiderato. Vediamo un po’ dove sono tutte quelle persone “stanche e cariche” che hanno trovato riposo alle anime loro attraverso un bel concerto! Facciamo alzare tutti quegli alcolisti che hanno trovato liberazione dalle catene della loro schiavitù grazie a certi teatrini di piazza! Non ci saranno mai tali persone: il vangelo del divertimento non produrrà mai dei veri convertiti!
Il vero bisogno per la chiesa di oggi è quello di sperimentare un’autentica spiritualità, unita alla sana dottrina biblica, tale da infiammare ogni credente di uno zelo celeste.
Signore, netta la Tua chiesa da ogni forma di corruzione e ciarpame che il diavolo ha imposto su di essa, e riportaci ai metodi degli apostoli!
lunedì 22 novembre 2010
venerdì 19 novembre 2010
Cara mamma
Se devi guidare non bere
missione-evangelo P.S.Elpidio
Mamma, sono uscita con amici.
Sono andata ad una festa e mi sono ricordata quello che mi avevi detto: di non bere alcolici. Mi hai chiesto di non bere visto che dovevo guidare, così ho bevuto una sprite. Mi sono sentita orgogliosa di me stessa, anche per aver ascoltato il modo in cui, dolcemente, mi hai suggerito di non bere se dovevo guidare, al contrario di quello che mi dicono alcuni amici. Ho fatto una scelta sana ed il tuo consiglio è stato giusto. Quando la festa é finita, la gente ha iniziato a guidare senza essere in condizioni di farlo. Io ho preso la mia macchina con la certezza che ero sobria. Non potevo immaginare, mamma, ciò che mi aspettava... qualcosa di inaspettato! Ora sono qui sdraiata sull'asfalto e sento un poliziotto che dice: "il ragazzo che ha provocato l'incidente era ubriaco". Mamma, la sua voce sembra cosí lontana. Il mio sangue é sparso dappertutto e sto cercando, con tutte le mie forze, di non piangere. Posso sentire i medici che dicono:"questa ragazza non ce la fará".
Sono certa che il ragazzo alla guida dell'altra macchina non se lo immaginava neanche, mentre andava a tutta velocità. Alla fine lui ha deciso di bere ed io adesso devo morire... Perché le persone fanno tutto questo, mamma? Sapendo che distruggeranno delle vite? Il dolore é come se mi pugnalasse con un centinaio di coltelli contemporaneamente. Dì a mia sorella di non spaventarsi, mamma, dì a papà di essere forte. Qualcuno doveva dire a quel ragazzo che non si deve bere e guidare... Forse, se i suoi glielo avessero detto, io adesso sarei viva.... la mia respirazione si fa sempre più debole e incomincio ad avere veramente paura. Questi sono i miei ultimi momenti, e mi sento così disperata.... Mi piacerebbe poterti abbracciare mamma, mentre sono sdraiata, qui, morente. Mi piacerebbe dirti che ti voglio bene. Per questo..... Ti voglio bene e....addio."
Queste parole sono state scritte da un giornalista che era presente all'incidente.
La ragazza, mentre moriva, sussurrava queste parole ed il giornalista scriveva... scioccato.
Questo giornalista ha iniziato una campagna contro la guida in stato di ebbrezza.
Se questo messaggio é arrivato fino a te e lo cancelli.... potresti perdere l'opportunità, anche se non bevi,di far capire a molte persone che la tua stessa vita é in pericolo. Questo piccolo gesto può fare la differenza. Mandalo a tutti quelli che conosci.
Sono andata ad una festa e mi sono ricordata quello che mi avevi detto: di non bere alcolici. Mi hai chiesto di non bere visto che dovevo guidare, così ho bevuto una sprite. Mi sono sentita orgogliosa di me stessa, anche per aver ascoltato il modo in cui, dolcemente, mi hai suggerito di non bere se dovevo guidare, al contrario di quello che mi dicono alcuni amici. Ho fatto una scelta sana ed il tuo consiglio è stato giusto. Quando la festa é finita, la gente ha iniziato a guidare senza essere in condizioni di farlo. Io ho preso la mia macchina con la certezza che ero sobria. Non potevo immaginare, mamma, ciò che mi aspettava... qualcosa di inaspettato! Ora sono qui sdraiata sull'asfalto e sento un poliziotto che dice: "il ragazzo che ha provocato l'incidente era ubriaco". Mamma, la sua voce sembra cosí lontana. Il mio sangue é sparso dappertutto e sto cercando, con tutte le mie forze, di non piangere. Posso sentire i medici che dicono:"questa ragazza non ce la fará".
Sono certa che il ragazzo alla guida dell'altra macchina non se lo immaginava neanche, mentre andava a tutta velocità. Alla fine lui ha deciso di bere ed io adesso devo morire... Perché le persone fanno tutto questo, mamma? Sapendo che distruggeranno delle vite? Il dolore é come se mi pugnalasse con un centinaio di coltelli contemporaneamente. Dì a mia sorella di non spaventarsi, mamma, dì a papà di essere forte. Qualcuno doveva dire a quel ragazzo che non si deve bere e guidare... Forse, se i suoi glielo avessero detto, io adesso sarei viva.... la mia respirazione si fa sempre più debole e incomincio ad avere veramente paura. Questi sono i miei ultimi momenti, e mi sento così disperata.... Mi piacerebbe poterti abbracciare mamma, mentre sono sdraiata, qui, morente. Mi piacerebbe dirti che ti voglio bene. Per questo..... Ti voglio bene e....addio."
Queste parole sono state scritte da un giornalista che era presente all'incidente.
La ragazza, mentre moriva, sussurrava queste parole ed il giornalista scriveva... scioccato.
Questo giornalista ha iniziato una campagna contro la guida in stato di ebbrezza.
Se questo messaggio é arrivato fino a te e lo cancelli.... potresti perdere l'opportunità, anche se non bevi,di far capire a molte persone che la tua stessa vita é in pericolo. Questo piccolo gesto può fare la differenza. Mandalo a tutti quelli che conosci.
Sinceri..
SINCERI CON DIO
Non dire PADRE
Se ogni giorno non ti comporti da Figlio
Non dire NOSTRO
Se vivi isolato nel tuo egoismo
Non dire CHE SEI NEI CIELI
Se pensi solo alle cose terrene
Non dire VENGA IL TUO REGNO
Se lo confondi con il successo materiale
Non dire SIA FATTA LA TUA VOLONTA’
Se non l’accetti quando è dolorosa
Non dire DACCI OGGI IL NOSTRO PANE QUOTIDIANO
Se non ti preoccupi della gente che ha fame,
che è senza cultura e non ha i mezzi per vivere
Non dire PERDONA I NOSTRI DEBITI
Se conservi un rancore verso tuo fratello
Non dire NON LASCIARCI CADERE IN TENTAZIONE
Se hai intenzione di continuare a peccare
Non dire LIBERACI DAL MALE
Se non prendi posizione contro il male
Non dire AMEN
Se non prendi sul serio le parole del
PADRE NOSTRO
(Martin Luther King - Battista, premio Nobel per la pace nel 1964)
Sii sempre il meglio di ciò che sei
Se non puoi essere un pino sul monte,
sii una saggina nella valle,
ma sii la migliore piccola saggina
sulla sponda del ruscello.
Se non puoi essere un albero,
sii un cespuglio.
Se non puoi essere un'autostrada,
sii un sentiero.
Se non puoi essere il sole,
sii una stella.
Sii sempre il meglio
di ciò che sei.
Cerca di scoprire il disegno
che sei chiamato ad essere,
poi mettiti a realizzarlo nella tua vita.
(Martin Luther King - Battista, premio Nobel per la pace nel 1964)
Se non puoi essere un pino sul monte,
sii una saggina nella valle,
ma sii la migliore piccola saggina
sulla sponda del ruscello.
Se non puoi essere un albero,
sii un cespuglio.
Se non puoi essere un'autostrada,
sii un sentiero.
Se non puoi essere il sole,
sii una stella.
Sii sempre il meglio
di ciò che sei.
Cerca di scoprire il disegno
che sei chiamato ad essere,
poi mettiti a realizzarlo nella tua vita.
(Martin Luther King - Battista, premio Nobel per la pace nel 1964)
Non mollare mai
SE IO MOLLASSI
Se io mollassi che cosa guadagnerei?
Finirebbe la battaglia? Sarei veramente felice?
No! La porta non si chiuderebbe né la battaglia cesserebbe
Perché Dio avrebbe un altro in piedi sulla Roccia.
Se io mollassi.
Se io mollassi che farei?
Cercherei rifugio dal calore? Dimenticherei il grido dei perduti?
Sarei felice per un po' e poi toccherei il fondo
E spenderei il mio tempo a pregare per qualcosa da fare
Dicendo: "Signore perché ho mollato".
Se io mollassi che direi al Signore che mi ha chiamato?
Che direi ai fratelli che mi hanno mandato?
Che direi ai pagani che hanno fiduciosamente aspettato
Che mostrassi loro la via?
Che direi alla spinta quotidiana dello Spirito Santo?
No Signore! Io non posso mollare.
Se dovessi uscire di scena fa che sia quando morirò
Non mentre vivo, non quando sarò perseguitato,
non quando sarò umiliato
ma ti prego o Signore, fa che il giorno che mollerò
sia per me quando morirò.
Se io mollassi che cosa guadagnerei?
Finirebbe la battaglia? Sarei veramente felice?
No! La porta non si chiuderebbe né la battaglia cesserebbe
Perché Dio avrebbe un altro in piedi sulla Roccia.
Se io mollassi.
Se io mollassi che farei?
Cercherei rifugio dal calore? Dimenticherei il grido dei perduti?
Sarei felice per un po' e poi toccherei il fondo
E spenderei il mio tempo a pregare per qualcosa da fare
Dicendo: "Signore perché ho mollato".
Se io mollassi che direi al Signore che mi ha chiamato?
Che direi ai fratelli che mi hanno mandato?
Che direi ai pagani che hanno fiduciosamente aspettato
Che mostrassi loro la via?
Che direi alla spinta quotidiana dello Spirito Santo?
No Signore! Io non posso mollare.
Se dovessi uscire di scena fa che sia quando morirò
Non mentre vivo, non quando sarò perseguitato,
non quando sarò umiliato
ma ti prego o Signore, fa che il giorno che mollerò
sia per me quando morirò.
Da una poesia di Charles Greenway
(Missionario in Africa 1920-1993)
Poesie d'amore per Te
"Se la nota dicesse..."
Se la nota dicesse: non è una nota che fa la musica
..non ci sarebbero le sinfonie.
Se la parola dicesse: non è una parola che può fare una pagina
..non ci sarebbero i libri.
Se la pietra dicesse: non è una pietra che può alzare un muro
..non ci sarebbero case.
Se la goccia d'acqua dicesse: non è una goccia d'acqua che può fare un fiume
..non ci sarebbe l'oceano.
Se il chicco di grano dicesse: non è un chicco di grano che può seminare un campo
..non ci sarebbe la messe.
Se l'uomo dicesse: non è un gesto d'amore che può salvare l'umanità
..non ci sarebbero mai né giustizia né pace, né dignità né felicità
sulla terra degli uomini.
Come la sinfonia ha bisogno di ogni nota
Come il libro ha bisogno di ogni parola
Come la casa ha bisogno di ogni pietra
Come l'oceano ha bisogno di ogni goccia d'acqua
Come la messe ha bisogno di ogni chicco
l'umanità intera ha bisogno di te,
qui dove sei,
unico,
e perciò insostituibile.
Se la nota dicesse: non è una nota che fa la musica
..non ci sarebbero le sinfonie.
Se la parola dicesse: non è una parola che può fare una pagina
..non ci sarebbero i libri.
Se la pietra dicesse: non è una pietra che può alzare un muro
..non ci sarebbero case.
Se la goccia d'acqua dicesse: non è una goccia d'acqua che può fare un fiume
..non ci sarebbe l'oceano.
Se il chicco di grano dicesse: non è un chicco di grano che può seminare un campo
..non ci sarebbe la messe.
Se l'uomo dicesse: non è un gesto d'amore che può salvare l'umanità
..non ci sarebbero mai né giustizia né pace, né dignità né felicità
sulla terra degli uomini.
Come la sinfonia ha bisogno di ogni nota
Come il libro ha bisogno di ogni parola
Come la casa ha bisogno di ogni pietra
Come l'oceano ha bisogno di ogni goccia d'acqua
Come la messe ha bisogno di ogni chicco
l'umanità intera ha bisogno di te,
qui dove sei,
unico,
e perciò insostituibile.
Michel Quoist
la chiesa romana allo specchio

Il breve esame delle dottrine cattoliche a confronto con la Parola di Dio ha lo scopo di fare riflettere ognuno di noi, e soprattutto quante con sincerità appartengono a questa chiesa.
La chiesa cattolica romana nel corso dei secoli è riuscita a porsi nella mentalità popolare al di sopra di ogni sospetto, arrogandosi un monopolio spirituale sulla famiglia ed un ruolo di consultazione per i problemi della società, arrivando ad accompagnare l’individuo dai primi giorni di vita con il battesimo, fino alla morte.
Negli ultimi anni molte persone, grazie alla lettura della Parola di Dio hanno aperto gli occhi sul potere della Chiesa Romana ed hanno superato qualsiasi forma di ipocrisia per comprendere il Vangelo di Gesù Cristo.
Questa esposizione, con tutti i suoi limiti di concisione, vuole risvegliare l’interesse per la conoscenza della Bibbia nel cuore delle vittime sincere di questa religione secolare, una sete per la Verità ed un desiderio di liberazione in Gesù Cristo.
Le preghiere liturgiche
325 d.C. - prima formulazione del Credo
IV° sec. d.C. – appare il segno della croce
XI° sec. d.C. – l’Ave Maria diventa una preghiera rituale
1090 d.C. – Inizia l’uso del rosario in grani con Pietro l’Eremita
XVI° sec. – il finale “Maria Madre di Dio, prega per noi peccatore ora e nell’ora della nostra morte” viene aggiunto all’Ave Maria.
… e la Bibbia ?
La Bibbia afferma che Dio deplora le preghiere che non sorgono spontaneamente dal cuore, e che vengono recitate nel quadro di un servizio religioso.
“Il Signore ha detto: «Poiché questo popolo si avvicina a me con la bocca e mi onora con le labbra, mentre il suo cuore è lontano da me e il timore che ha di me non è altro che un comandamento imparato dagli uomini.” (Isaia 29:13)
Gesù: “Nel pregare non usate troppe parole come fanno i pagani, i quali pensano di essere esauditi per il gran numero delle loro parole.” (Matteo 6:7)
I preti
III° sec. d.C. – la parola “prete” viene usata per la 1° volta per indicare un ministro di culto.
500 d.C. – il termine “papa” viene riservato al vescovo di Roma
500 d.C. – appaiono i vestiti ecclesiastici, resti dell’antico costume sacerdotale romano.
1563 d.C. – il concilio di Trento condanna la dottrina biblica, secondo la quale tutti sono sacerdoti nel nuovo patto.
… e la Bibbia ?
La Bibbia afferma che tutti siamo sacerdoti in Cristo:
“A lui che ci ama, e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno e dei sacerdoti del Dio e Padre suo, a lui sia la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen.” (Apocalisse 1:5-6)
Inoltre Cristo ha detto:
“Ma voi non vi fate chiamare "Rabbì"; perché uno solo è il vostro Maestro, e voi siete tutti fratelli. Non chiamate nessuno sulla terra vostro padre, perché uno solo è il Padre vostro, quello che è nei cieli. Non vi fate chiamare guide, perché una sola è la vostra Guida, il Cristo; ma il maggiore tra di voi sia vostro servitore. Chiunque si innalzerà sarà abbassato e chiunque si abbasserà sarà innalzato.” (Matteo 23:8-12) Luoghi e oggetti di culto
IV° secolo – si comincia ad usare l’incenso durante il culto, l’acqua benedetta.
IV° - Paolino, vescovo di Nola introduce il culto delle immagini e delle statue nelle chiese.
600 d.C. – culto in lingua latina che diventa la lingua liturgica
600 d.C. – inizia il “culto dei luoghi” ed il pellegrinaggio alle tombe dei martiri, ed il “culto delle reliquie”
XI° sec. d.C. – si inizia ad usare un altare per la celebrazione della messa
XII° sec. d.C. – viene adottato ufficialmente il rosario di origine musulmana o buddista
… e la Bibbia ?
La Bibbia insegna a non adorare le immagini e le statue:
“Io sono il SIGNORE, il tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla casa di schiavitù. Non avere altri dèi oltre a me.
Non farti scultura, né immagine alcuna delle cose che sono lassù nel cielo o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra.” (Esodo 20:2-4)
Gesù : “Ma l'ora viene, anzi è già venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; poiché il Padre cerca tali adoratori. Dio è Spirito; e quelli che l'adorano, bisogna che l'adorino in spirito e verità». (Giovanni 4:23-24)
(“in spirito”, ossia sotto la guida dello Spirito Santo e “in verità”, ossia sotto la guida della Parola di Dio)
“Il Dio che ha fatto il mondo e tutte le cose che sono in esso, essendo Signore del cielo e della terra, non abita in templi costruiti da mani d'uomo; e non è servito dalle mani dell'uomo.” (Atti 17:24)
…tutto il resto è idolatria !
Culto della Vergine
374 d.C. – Epifano dichiara Maria perpetuamente vergine.
IV° sec. D.C. – si sviluppa il culto della Vergine
431 d.C. – durante il concilio di Efeso, Maria viene dichiarata Madre di Dio. È l’adattamento cristiano dei culti mitologici.
500 d.C. – prima festa in onore di Maria
1160 d.C. – per la prima volta compare l’idea dell’immacolata concezione.
1477 d.C. – Sisto IV ufficializza l’immacolata concezione di Maria
1891 – Leone XIII istituisce la vergine mediatrice: si può arrivare a Cristo solo per mezzo di sua madre.
1943 – Pio XII dichiara Maria co-redentrice con Gesù (partecipa all’espiazione dei peccati degli uomini con Gesù)
1946 – “Santa Maria di Fatima” viene incoronata regina del mondo
1968 – Paolo VI riconferma la co-redenzione di Maria
1086 – Giovanni Paolo II consacra il mondo a Maria di Fatima
… e la Bibbia ?
Nessun versetto della Bibbia afferma che bisogna rendere un culto a Maria.
Anzi, Gesù non la chiama mai “Madre”, ma “Donna” :
“Gesù le disse: Che c'è fra me e te, o donna?” (Giovanni 2:4)
“Mentr'egli diceva queste cose, dalla folla una donna alzò la voce e gli disse: «Beato il grembo che ti portò e le mammelle che tu poppasti!» Ma egli disse: «Beati piuttosto quelli che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica!»” (Luca 11:27-28)
Non possiamo dunque rendere un culto a Maria, in quanto solo Dio è degno della nostra lode e adorazione:
“Allora Gesù gli disse: Vattene, Satana, poiché sta scritto: Adora il Signore Dio tuo e a Lui solo rendi il culto". (Matteo 4:10)
Maria non può essere co-redentrice con Gesù in quanto la Bibbia afferma :
“Infatti c'è un solo Dio e anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo, che ha dato sé stesso come prezzo di riscatto per tutti; questa è la testimonianza resa a suo tempo.” (1Timoteo 2:5-6)
La Bibbia afferma che non si può essere salvati per mezzo di Maria :
“In nessun altro è la salvezza; perché non vi è sotto il cielo nessun altro nome che sia stato dato agli uomini, per mezzo del quale noi dobbiamo essere salvati.”
(Atti 4:12)
Per quanto riguarda la sua verginità, la Bibbia afferma:
“Giuseppe… prese con sé sua moglie; e non ebbe con lei rapporti coniugali finché ella non ebbe partorito un figlio; e gli pose nome Gesù.” (Matteo 1:24-25)
Per quanto riguarda l’immacolata concezione:
“Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio - ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù.” (Romani 3:23-24)
Dunque come “tutti” anche Maria è nata nel peccato! Infatti in Luca 1:47 ella riconosce Dio come suo personale Salvatore: anche lei aveva bisogno di essere salvata…
“L'anima mia magnifica il Signore,
e lo spirito mio esulta in Dio, mio Salvatore.”
La salvezza per mezzo delle opere
1563 d.C. – il concilio di Trento afferma ufficialmente che la salvezza dell’anima si ottiene per mezzo delle opere buone e non per la sola fede.
… e la Bibbia ?
Contrariamente all’opinione largamente diffusa, dovuta all’influenza di tutte le religioni, l’uomo non è salvato per mezzo delle opere. La Bibbia afferma che la salvezza è per grazia:
“Infatti è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio. Non è in virtù di opere affinché nessuno se ne vanti.” (Efesini 2:8-9)
Siamo resi giusti davanti a Dio non per delle opere buone, ma per mezzo della fede in Gesù Cristo : “Giustificati dunque per fede, abbiamo pace con Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore, mediante il quale abbiamo anche avuto, per la fede, l'accesso a questa grazia nella quale stiamo; e ci gloriamo nella speranza della gloria di Dio.” (Romani 5:1-2)
La salvezza di Dio è un dono gratuito, e non qualcosa da conquistare con dei meriti o degli sforzi personali :
“perché il salario del peccato è la morte, ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore.” (Romani 6:23)
“perché, se con la bocca avrai confessato Gesù come Signore e avrai creduto con il cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato; infatti con il cuore si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa confessione per essere salvati.”
(Romani 10:9-10)
Conclusione
Queste sono solo le più importanti dottrine del Cattolicesimo Romano, ma sarebbe interessante parlare anche della “transustanziazione”, del “papato”, della proibizione della lettura della Bibbia per secoli, del celibato dei preti, della Controriforma con le sue persecuzioni, ecc…
Ma credo che, se hai letto fino in fondo questa serie di accostamenti tra le dottrine del Cattolicesimo Romano e la Parola di Dio, tu abbia nel cuore il desiderio di verità: la sola cosa da fare è aprire la tua Bibbia e chiedere con sincerità a Dio di riverlarti il Suo pensiero e la Sua salvezza in Cristo Gesù.... e Lui lo farà, perché ti ama!
GESU' TI AMA
Fede Senza Intimità Non è Fede Per Niente
Mi sono sempre stupito della domanda posta da Gesù in Luca 18:8, "Ma quando il Figlio dell'uomo verrà, troverà la fede sulla terra?" Cosa voleva significare il Signore con queste parole? Mentre osservo la chiesa di Gesù Cristo oggi, penso che non vi sia altra generazione così concentrata sulla fede come la nostra.
Tutti sembrano parlare di fede. I sermoni sull'argomento abbondano. Ovunque si tengono seminari e conferenze sulla fede. Le mensole delle librerie cristiane sovrabbondano di libri su questo tema. Moltitudini di cristiani si ammucchiano nei raduni e nelle conferenze per essere incoraggiati e stimolati da un messaggio di fede.
Oggi esistono i predicatori di fede, gli insegnanti della fede, i movimenti della fede, e persino chiese denominate "della fede". Chiaramente, se esiste un argomento su cui la chiesa oggi si è specializzata, è proprio questo sulla fede.
Eppure, purtroppo, ciò che la maggior parte della gente considera oggi come fede, non lo è per niente. In realtà, Dio rifiuterà la maggior parte di ciò che viene oggi chiamato e praticato come fede. Semplicemente, non lo accetterà. Perché? Si tratta di fede corrotta.
Molti predicatori oggi umanizzano completamente l'argomento della fede. Descrivono la fede come se esistesse solo per guadagno personale o per soddisfare dei bisogni personali. Ho sentito alcuni pastori dichiarare: "La fede non è chiedere a Dio ciò di cui hai bisogno. È chiedergli quello che sogni. Se lo sogni, puoi averlo".
La fede che questi uomini predicano è legata alle cose della terra, radicata in questo mondo, materialistica. Costringe il credente a pregare: "Signore, benedicimi, fammi prosperare, dammi". Non vengono considerati per niente i bisogni del mondo. Posso dire con abbastanza autorità: questo tipo di fede non è ciò che Dio desidera da noi. Non può trattarsi di un guadagno senza pietà.
Oggi esiste una dottrina di fede particolarmente pericolosa. Afferma che i credenti più puri sono quelli che hanno "fatto fruttare la loro fede" al punto di ottenere una vita confortevole. Secondo questa dottrina, le persone che dovremmo imitare sono quelle che guidano le macchine più grandi, più costose, e quelli che possiedono le case più grandi e più lussuose.
Questa è assolutamente un'eresia. Se fosse così, allora i credenti più santi sarebbero quelli che superano gli altri finanziariamente. Significherebbe che il nostro obiettivo giornaliero sarebbe quello di lavorare sodo per il nostro guadagno. Semplicemente questo non è il vangelo di Gesù Cristo.
Eppure il mio obiettivo in questo messaggio non sono i predicatori di prosperità o le dottrine del guadagno personale. Sono coloro che amano veramente Gesù, e che vogliono vivere per fede in un modo che Gli piace. Il mio messaggio a quei credenti è questo: la vera fede nasce da un'intimità con Cristo. Infatti, se la tua fede non nasce da una tale intimità, non è per niente fede per Lui.
Ebrei 11 parla di un modello biblico di intimità
Leggendo Ebrei 11, troviamo un solo denominatore comune nelle vite delle persone che vi vengono menzionate. Ognuno aveva una caratteristica particolare che denota il tipo di fede che Dio ama. Qual è questo elemento? La loro fede nasceva da una profonda intimità col Signore.
Il fatto è che è impossibile avere una fede che piace a Dio senza avere intimità con Lui. Cosa intendo per intimità? Parlo di una vicinanza al Signore che nasce dall'abbandonarsi a Lui. Questo genere di intimità è un legame personale molto intimo, una comunione. Nasce quando desideriamo il Signore più di qualsiasi altra cosa in questa vita.
Osserviamo soltanto quattro esempi di servi ripieni di fede, che camminarono strettamente con Dio, come ci menziona Ebrei 11:
1. Il nostro primo esempio è Abele. La Scrittura dichiara: "Per fede Abele offrì a Dio un sacrificio più eccellente di quello di Caino; per mezzo di essa gli fu resa testimonianza che egli era giusto, quando Dio attestò di gradire le sue offerte; e per mezzo di essa, benché morto, egli parla ancora" (Ebrei 11:4).
Voglio farvi notare diverse cose significative in questo verso. Prima di tutto, Dio stesso rese testimonianza del dono di Abele, o della sua offerta. (Notate che fece più di un'offerta. È chiaro che Abele offriva sacrifici al Signore costantemente).
Secondo, Abele dovette costruire un altare al Signore, dove portò i suoi sacrifici. Ed offrì non solo agnelli senza macchia come sacrifici, ma anche il grasso di quegli agnelli. La Scrittura ci dice: "Abele offrì anch'egli dei primogeniti del suo gregge e del loro grasso" (Genesi 4:4).
Cosa significa qui la parola "grasso"? Il libro del Levitico dice del grasso: "È un cibo di profumo soave, consumato dal fuoco. Tutto il grasso appartiene al Signore" (Levitico 3:16). In breve, il grasso è cibo per Dio.
Vedete, il grasso era quella parte del sacrificio che una volta arrostito provocava un dolce aroma. Questa parte dell'animale si incendiava subito e si consumava, provocando un buon odore. Il Signore disse del grasso: "Questa è una legge perenne per tutte le vostre generazioni. In tutti i luoghi dove abiterete non mangerete né grasso né sangue" (3:17). Il grasso appartiene al Signore.
Il grasso qui è sinonimo di un genere di preghiera o di comunione che è accettevole a Dio. Rappresenta il nostro ministero al Signore nella cameretta segreta della preghiera. Ed il Signore stesso dichiara che una tale adorazione intima sale a Lui come un profumo d'odore soave.
La prima volta in cui viene menzionato nella Bibbia questo genere di adorazione è con Abele. Abele permise che il sacrificio ed il grasso venisse consumato sull'altare del Signore. Significa che aspettò alla presenza di Dio finché quel sacrificio salì al cielo.
Per questo motivo Abele viene elencato nel capitolo 11 di Ebrei fra gli eroi della fede. È sinonimo di un servo in comunione col Signore, che Gli offerse il meglio che possedeva. Come dichiara il libro degli Ebrei, l'esempio di Abele sussiste ancora oggi come una testimonianza della fede vera e vivente: "Benché morto, parla ancora" (Ebrei 11:4).
Come ottenne Abele una tale fede? Pensate alle meravigliose conversazioni che questo giovane avrà avuto con i suoi genitori, Adamo ed Eva. La coppia ovviamente avrà parlato dei giorni primieri nel giardino insieme al Signore. Senza dubbio avrà menzionato le volte meravigliose in cui erano in comunione con Dio, camminando e parlando con Lui nella brezza del giorno.
Immaginate cosa poteva passare nella mente di Abele nell'udire queste storie. Probabilmente avrà pensato: "Sarà stato sicuramente meraviglioso. Mio padre e mia madre hanno avuto un rapporto vivo con il Creatore in persona".
Pensando a queste cose, Abele avrà preso una decisione in cuor suo: si determinò a ripetere la storia dei suoi genitori. Non voleva che la sua fosse solo una tradizione ancestrale. Doveva avere un suo rapporto personale con Dio.
Forse Abele si sarà detto: "Non voglio sentire altre esperienze del passato con il Signore. Lo voglio conoscere adesso, io stesso, e oggi. Voglio avere un rapporto con Lui, voglio avere comunione con Lui".
Questo è il genere di 'grasso' che oggi dobbiamo offrire a Dio. Come Abele, dobbiamo dargli il meglio del nostro tempo, nel nostro nascondiglio segreto della preghiera. E lì dobbiamo spendervi abbastanza tempo, alla Sua presenza, per permettergli di consumare le nostre offerte di adorazione e comunione intima.
Ora confrontiamo l'offerta di Abele con quella di suo fratello Caino. Caino portò della frutta al Signore, un'offerta che non richiedeva un altare. Non c'era grasso, né olio, niente da consumare. Come risultato, nessun dolce aroma poteva salire al cielo.
In altre parole, non c'era alcuna intimità, nessuno scambio personale fra Caino ed il Signore. Vedete, Caino portò un sacrificio per cui non c'era bisogno di rimanere alla presenza di Dio, di cercare la Sua comunione. Per questo la Scrittura dice che l'offerta di Abele fu di gran lunga "più eccellente" di quella di Caino.
Non confondiamoci: Dio onorò il sacrificio di Caino. Ma il Signore guarda al cuore, e sapeva che Caino non desiderava stare alla Sua presenza. Si evinceva chiaramente dal sacrificio che Caino scelse di offrire.
Secondo la mia opinione, Caino rappresenta molti cristiani odierni. Tali credenti si recano in chiesa una volta a settimana, adorando Dio e chiedendogli di benedirli e di farli prosperare. Ma non desiderano avere intimità col Signore. Vogliono che il loro Padre celeste risponda alle loro preghiere, ma non desiderano avere una relazione con lui. Non cercano la Sua faccia, non bramano la Sua vicinanza, non anelano la Sua comunione. Come Caino, non hanno semplicemente il desiderio di rimanere alla Sua presenza.
Al contrario, il servo intimo e fedele cerca il tocco di Dio nella sua vita. Come Abele, non desidera nient'altro. Questo servo si dice: "Sono determinato a dare al Signore tutto il tempo che vuole da me in comunione. Desidero ascoltare la Sua voce dolce e tranquilla che mi parla. Perciò rimarrò alla Sua presenza fin quando non mi dirà che è soddisfatto".
2. Anche Enoc godette di una relazione intima col Signore. Infatti, la sua comunione con Dio fu così intima, che il Signore lo rapì in gloria prima ancora che la sua vita sulla terra potesse aver fine. "Per fede Enoc fu rapito perché non vedesse la morte; e non fu più trovato, perché Dio lo aveva portato via; infatti prima che fosse portato via ebbe la testimonianza di essere stato gradito a Dio" (Ebrei 11:5).
Perché il Signore scelse di rapire Enoc? Le prime parole di questo verso ce lo dicono chiaramente: a motivo della sua fede. Inoltre, la frase di chiusura ci dice che la fede di Enoc fu gradita a Dio. La radice greca per "gradito" significa totalmente unito, completamente piacevole, in totale unità. In breve, Enoc ebbe la comunione più intima con il Signore che un essere umano abbia mai potuto avere. E questa comunione intima fu gradita a Dio.
La Bibbia ci dice che Enoc iniziò a camminare con il Signore dopo aver generato suo figlio Metusela. A quel tempo Enoc aveva sessantacinque anni. Da allora, egli trascorse i 300 anni successivi in comunione intima con Dio. Ebrei dice chiaramente che Enoc era così in comunione col Padre, in intimità così stretta con Lui, che Dio scelse di portarselo a casa. In pratica, il Signore disse ad Enoc: "Non posso lasciarti ancora nella carne. Per accrescere la mia intimità con te, devo portarti al mio fianco". Così attirò Enoc in gloria.
Secondo la Scrittura, è stata l'intimità di Enoc a piacere così tanto a Dio. Per quanto ne sappiamo, quest'uomo non compì mai un miracolo, non sviluppò mai una teologia profonda, né fece grandi opere degne di essere menzionate nella Scrittura. Al contrario, leggiamo questa semplice descrizione della vita di quest'uomo fedele: "Enoc camminò con Dio".
Enoc ebbe comunione intima col Padre. E la sua vita è un'altra testimonianza di ciò che significa veramente camminare in fede.
3. Il nostro esempio successivo di un cammino intimo di fede con Dio è Noè. Ebrei ci dice: "Per fede Noè, divinamente avvertito di cose che non si vedevano ancora, con pio timore, preparò un'arca per la salvezza della sua famiglia; con la sua fede condannò il mondo e fu fatto erede della giustizia che si ha per mezzo della fede" (Ebrei 11:7).
Leggendo la storia di quest'uomo in Genesi, scopriamo che "Noè trovò grazia agli occhi di Dio" (Genesi 6:8). Il verso successivo ci dice come mai quest'uomo trovò grazia: "Noè camminò con Dio" (6:9). Noè conosceva chiaramente la voce di Dio. Ogni qualvolta il Signore gli parlava, lui ubbidiva. Leggiamo più volte: "Il Signore disse a Noè... e Noè ubbidì alla parola del Signore" (vedi 6:13, 22; 7:1, 5; 8:15, 18).
Cercate di immaginare quanto tempo Noè avrà speso da solo con Dio. Dopo tutto, doveva ricevere delle istruzioni dettagliate dal Signore per poter costruire l'arca. Eppure l'intimità di Noè con Dio andò oltre le direttive che ricevette. La Scrittura dice che il Signore aperse il Suo cuore con Noè, e gli mostrò la malvagità del cuore umano. E rivelò a Noè i suoi piani per il futuro dell'umanità.
4. Anche Abramo ebbe comunione intima con il Signore. Guardate in che modo Dio stesso descrisse la sua relazione con quest'uomo: "Abramo mio amico" (Isaia 41:8). Ugualmente, il Nuovo Testamento ci dice: "Abrahamo credette in Dio.. e fu chiamato Amico di Dio" (Giacomo 2:23).
Che premio incredibile, essere chiamato l'amico di Dio. La maggior parte dei cristiani hanno cantato il ben noto inno "Quale amico in Cristo abbiamo". Questi passi biblici ci riportano questa verità piena di potenza. Il Creatore dell'universo che chiama l'uomo suo amico, è qualcosa che oltrepassa la comprensione umana. Eppure avvenne ad Abramo. È un segno di grande intimità con Dio.
Il vocabolo ebraico che Isaia usa qui per "amico" significa affettuosità e vicinanza. Ed in greco, il termine usato da Giacomo per "amico" significa una persona cara, un socio intimo. Entrambi i termini implicano un'intimità profonda e condivisa.
Il risultato dell'intimità non è
soltanto un profondo affetto per il Signore,
ma anche un distacco sempre crescente da questo mondo
soltanto un profondo affetto per il Signore,
ma anche un distacco sempre crescente da questo mondo
Più cresciamo in Cristo, più aumenta il nostro desiderio di vivere completamente alla Sua presenza. Inoltre, iniziamo a vedere più chiaramente che Gesù è il nostro unico e vero fondamento.
La Bibbia ci dice che Abrahamo "aspettava la città che ha le vere fondamenta e il cui architetto e costruttore è Dio" (Ebrei 11:10). Per Abrahamo, niente in questa vita era permanente. La Scrittura dice che il mondo gli era "estraneo". Non era un luogo dove mettere radici.
Eppure Abrahamo non era mistico. Non era un asceta che si dava delle arie sante e viveva in un miasma spirituale. Quest'uomo viveva una vita terrena, era fortemente coinvolto negli affari del mondo. Dopo tutto, era il padrone di migliaia di capi di bestiame. Ed aveva abbastanza servitori da formare una piccola milizia. Abrahamo doveva essere un uomo impegnato, che dirigeva i suoi servi, vendeva e comprava le mandrie, le greggi e gli armenti.
Ma in qualche modo, nonostante i suoi molteplici affari e le sue grandi responsabilità, Abrahamo trovava del tempo per avere intimità col Signore. E poiché egli camminava vicino a Dio, diventava sempre meno soddisfatto del mondo. Abrahamo era benestante, prosperoso, aveva mille cose che lo tenevano occupato. Ma niente in questa vita poteva distrarlo dal pensare al suo paese celeste. Ogni giorno, egli desiderava sempre più di avvicinarsi a quel luogo migliore.
Il paese celeste che Abrahamo anelava non è un posto fisico. Piuttosto, è la casa del Padre. Vedete, il vocabolo ebraico per questa frase "paese celeste" è Pater. Deriva da una radice che significa Padre. Perciò, il paese celeste che Abrahamo desiderava era letteralmente un posto con il Padre.
Cosa significa tutto questo per noi oggi? Significa che proseguire verso quel paese celeste non è soltanto arrivare in cielo, un giorno qualsiasi del nostro futuro. Significa anelare giorno dopo giorno la presenza del Padre, già da adesso.
Ebrei ci dice che tutti e quattro gli uomini che ho menzionato - Abele, Enoc, Noè ed Abrahamo - morirono nella fede (vedi Ebrei 11). Ognuno di essi si staccò dallo spirito dell'epoca. Ed ognuno di essi cercava un paese diverso. Per dirla in parole povere, il mondo non era casa loro.
Ma questo non significa che aspettavano di arrivare in cielo per godere la vicinanza col Padre. Al contrario, come pellegrini in viaggio in questa vita, bramavano continuamente la presenza di Dio. Niente al mondo avrebbe potuto impedire loro di proseguire, alla ricerca di un cammino più profondo e più vicino al Padre.
Con i loro esempi fedeli, questi uomini stavano dicendo: "Sto cercando un posto più vicino al Padre mio. E quel posto va oltre tutto ciò che il mondo può offrirmi. Tengo stretti i molteplici doni che Dio mi ha dato nella mia cara famiglia e fra i miei amici pii. Niente al mondo potrebbe sostituire l'amore che nutro per essi. Ma so che c'è un amore ancora più grande da sperimentare col Padre".
Ebrei 11 parla di molti altri il cui cammino di fede piacque al Signore. Per fede, questi servitori compirono grandi miracoli e fecero cose strabilianti. Esaminando le loro vite, vediamo che anch'essi ebbero lo stesso comune denominatore: tutti dimenticarono questo mondo ed i suoi piaceri per camminare vicino a Dio.
Potresti fare anche tu la stessa affermazione? Il tuo cuore brama camminare a stretto contatto col Signore? C'è una costante insoddisfazione in te per le cose di questo mondo? Oppure il tuo cuore è attaccato alle cose temporali?
Senza intimità, la tua fede
non è vera fede agli occhi di Dio
non è vera fede agli occhi di Dio
Marco 4 racconta la storia di Gesù e i suoi discepoli che si trovavano in una barca sbattuta dalle onde della tempesta. Leggendo questa storia, vediamo come Cristo calmò le onde con un semplice comando. Poi si volse ai suoi discepoli e chiese: "Come mai non avete fede?" (Marco 4:40).
Forse ti sembrerà strano. Era normale avere paura in una tempesta del genere. Ma Gesù non li stava sgridando per questo. Piuttosto, stava dicendo loro: "Dopo tutto il tempo che avete trascorso con me, ancora non sapete chi sono. Come è mai possibile che avete camminato con me per tutto questo tempo, senza conoscermi intimamente?"
Infatti, i discepoli erano rimasti attoniti dal miracolo portentoso compiuto da Gesù. La Scrittura dice: "Ed essi furono presi da gran timore e si dicevano gli uni gli altri: "Chi è dunque costui, al quale persino il vento e il mare ubbidiscono?" (4:41).
Potete immaginarvelo? I discepoli stessi di Gesù non lo conoscevano. Li aveva chiamati personalmente uno ad uno, affinché lo seguissero. Ed essi avevano ministrato al suo fianco, a migliaia di persone. Avevano compiuto miracoli di guarigione ed avevano dato da mangiare a folle di persone affamate. Ma non sapevano chi era realmente il loro Maestro.
Tragicamente, lo stesso vale oggi. Moltitudini di cristiani sono saliti in barca con Gesù, hanno ministrato con lui, hanno raggiunto moltitudini nel suo nome. Ma non conoscono realmente il loro Maestro. Non hanno trascorso del tempo in intimità con Lui. Non si sono mai seduti quietamente alla Sua presenza, aprendoGli i loro cuori, aspettando ed ascoltando per comprendere ciò che voleva dir loro.
Vediamo un'altra scena a proposito della fede dei discepoli in Luca 17. I discepoli vennero da Gesù dicendogli: "Accresci la nostra fede" (Luca 17:5).
Molti cristiani oggi si pongono la stessa domanda: "Come posso ottenere fede?" Ma non vanno al Signore per trovare la risposta. Al contrario, affollano seminari che affermano di poter insegnare ai credenti come aumentare la loro fede. Oppure, acquistano un mucchio di libri che spesso offrono i dieci brevi passi per accrescere la fede. Oppure, viaggiano centinaia di chilometri per ascoltare seminari sulla fede, tenuti da evangelisti ed insegnanti di spicco.
Vi posso dire senz'ombra di dubbio che non accrescerete la vostra fede con nessuno di questi metodi. Se volete accrescere la vostra fede, dovete fare la stessa cosa che Gesù disse ai discepoli in questo brano. Come rispose alla loro richiesta di fede? "Preparami la cena, rimboccati le vesti e servimi finché io abbia mangiato e bevuto" (17:8).
Gesù stava dicendo, in effetti: "Indossa le tue vesti di pazienza. Poi vieni alla mia tavola e cena con me. Voglio che tu mi dia da mangiare. Hai lavorato alacremente per me tutto il giorno. Ora voglio che tu abbia comunione con me. Siedi insieme a me, apri il tuo cuore ed impara da me. Ci sono così tante cose che voglio dire alla tua vita".
Non cercare altre spiegazioni teologiche sulla fede. Non cercare altri passi per ottenerla. Rimani solo con Gesù, e lascia che ti parli dal suo cuore. La vera fede nasce nel nascondiglio segreto della preghiera. Perciò, vai da Gesù ed impara da Lui. Se trascorri del tempo di qualità alla Sua presenza, sicuramente la fede verrà. Lui farà nascere la fede nella tua anima, come mai l'avrai conosciuta. Credimi, quando ascolti quella voce tranquilla e flebile, la fede esploderà dentro di te.
Quel paese celeste -
la città con le fondamenta,
che bramarono le generazioni prima di noi -
è il posto in cui viviamo noi
la città con le fondamenta,
che bramarono le generazioni prima di noi -
è il posto in cui viviamo noi
Quel posto, quella città, è in Cristo per fede. Il riposo che i nostri padri bramavano si trova soltanto in Lui. Oggi abbiamo ricevuto la promessa che loro potevano soltanto prevedere ed abbracciare per fede.
Gesù ha detto: "Abrahamo, vostro padre, ha gioito nell'attesa di vedere il mio giorno; e l'ha visto, e se n'è rallegrato" (Giovanni 8:56). Abrahamo previde il giorno in cui Cristo sarebbe venuto sulla terra a costruire le fondamenta che aveva visto. Ed il patriarca gioì sapendo che in quei giorni avrebbe vissuto un popolo benedetto. Sapeva che quel popolo avrebbe gustato un accesso ininterrotto alla comunione e alla conversazione con Dio.
Oggi, comunque, molti cristiani si perdono completamente questa promessa. Al contrario, vivono in subbugli continui. Corrono da un posto all'altro, cercando di far funzionare una fede che "ottiene dei risultati". Sono sempre coinvolti in un mare di attività, fanno cose per Dio che alla fine sono soltanto dei fardelli. Non riposano appieno in Cristo. Perché? Semplicemente perché non si chiudono col Signore, non trascorrono del tempo da soli con Lui.
Se sei innamorato di qualcuno, desideri stare alla presenza di quella persona. Entrambi volete stare l'uno con l'altra, aprire i vostri cuori ed avere intimità. Lo stesso vale per la nostra relazione con Gesù. Se lo amiamo, dovremmo costantemente pensare: "Voglio stare col mio Signore. Voglio gioire della Sua presenza. Perciò mi avvicino a Lui, ed aspetto alla Sua presenza fin quando so che è soddisfatto. Rimarrò qui finché non Lo udrò dire: 'Adesso vai, e gioisci nel mio amore'".
Ultimamente ho udito la voce tranquilla e flebile del Signore che mi sussurrava qualcosa dopo un tempo di preghiera trascorso con lui. Mi diceva: "David, per favore non andartene ancora. Rimani con me. Sono così pochi quelli che hanno comunione con me, sono così pochi quelli che mi amano, quelli che rimangono per udire il mio cuore. Ed io ho così tante cose da condividere". Era quasi un grido, una supplica nella sua voce.
Poi il Signore mi ha detto: "Voglio mostrarti dove sta la tua fede, David. È quando vieni a me. È nel tuo attendermi, nel tuo ministrarmi, finché odi e sai cosa c'è nel mio cuore".
"La tua fede è nel tuo crescente desiderio di stare alla mia presenza. È nel tuo desiderare con impazienza la prossima volta che staremo insieme. È nel senso che hai sviluppato, che rimanere solo con me è la gioia della tua vita.
"Per te non è più una fatica avvicinarti a me, non è più un lavoro difficile. Ora lo aspetti con ansia tutto il giorno. Sai che quando avrai finito di lavorare, verrai da me per darmi da mangiare ed avere comunione con me".
Questa è vera fede.
Una bellissima domanda
DOVE VA RIVOLTA LA FEDE
Nella Parola di Dio mi viene detto di credere, ma in cosa devo credere? Mi viene detto di cercare, ma cosa devo cercare? Qual è l'oggetto della mia speranza, della mia fiducia e del mio credere? La risposta è semplice: l'oggetto della fede, per ogni peccatore, è Gesù Cristo. Tanti commettono l'errore di pensare che devono credere in Dio Padre, invece questa è la conseguenza della fede in Cristo. Arriviamo a credere all'amore eterno del Padre soltanto come risultato della fede nel prezioso sangue di Gesù. Qualcuno dice: "Mi piacerebbe essere uno di quei fortunati che hanno il dono della fede in Dio". Questo anelito ha un senso particolare per quanto riguarda l'accostarsi a Dio nell'Antico Testamento; difatti il Signore si era scelto un popolo particolare, dei profeti e dei sacerdoti coi quali aveva stabilito un patto. Nel Nuovo Testamento, invece, è chiarito che il Padre dona la salvezza, per mezzo della fede, a tutti coloro che vengono a Lui grazie alla redenzione di Cristo. Anzi, nessuno può venire al Padre se non per mezzo di Cristo (cfr. Giovanni 14:6). La fede nel Padre deve necessariamente esser preceduta dalla fede nel Figlio, che ci dà "il diritto di diventar figli di Dio" (Giovanni 1:12), e ci permette così, non soltanto di accedere a Dio, ma anche di chiamarLo "Padre" (cfr. Efesini 2:18).
Altri ancora cercano di rivolgersi a Dio-Spirito Santo. Si guardano dentro per vedere se provano determinate sensazioni e, in questo caso, la loro fede si rafforza; ma se quelle sensazioni non ci sono o svaniscono, la loro fede s'indebolisce. Perciò ricercano l'intervento interiore dello Spirito Santo, ma anche questo non è il corretto oggetto della fede del peccatore. Non è sbagliato confidare nel Padre e nello Spirito Santo, ma, per la specifica grazia della giustificazione e del perdono, l'unica soluzione è nel sangue dell'unico Mediatore: Gesù Cristo.
Il cristiano, dopo la conversione, deve confidare nello Spirito Santo; ma il peccatore, se vuole essere salvato, deve rivolgersi a Gesù Cristo e soltanto a Lui. So bene che la salvezza dipende da tutta la Trinità, ma il primo e immediato "oggetto" della fede del peccatore che vuol esser giustificato non è Dio-Padre, né Dio-Spirito Santo, ma Dio-Figlio, fattosi uomo per offrire il sacrificio espiatorio per i peccatori.
Hai "gli occhi della fede" ben aperti? Allora contempla Cristo come Dio. Se vuoi essere salvato credi che Egli è Dio, sovrano su tutto e benedetto in eterno. Prostrati davanti a Lui e accettaLo come "vero Dio da vero Dio", perché se non lo fai, non puoi avere parte in Lui. Quando hai creduto questo, credi in Gesù Cristo come uomo. Credi nella meravigliosa storia della Sua incarnazione. Fidati della testimonianza degli evangelisti, che presentano l'Infinito che si fa bambino, l'Eterno che si nasconde nel mortale, il Re del cielo si fa servo dei servi e Figlio dell'uomo. Credi e ammira il mistero della Sua incarnazione, perché se non credi in questo non puoi essere salvato.
E soprattutto, se vuoi essere salvato considera Cristo nella Sua perfetta giustizia. Guarda come osserva la Legge divina in modo irreprensibile, come ubbidisce al Padre senza mai sbagliare, come mantiene la Sua integrità senza mai cadere in difetto. Considera che tutto questo è stato fatto per te! Tu non potevi osservare la Legge ed Egli l'ha osservata al posto tuo; tu non potevi ubbidire a Dio perfettamente e la Sua ubbidienza prende il posto della tua, giustificandoti!
Ma fai particolare attenzione perché la tua fede contempli soprattutto la morte espiatoria di Gesù Cristo. Guarda l'Agnello di Dio muto davanti a chi lo tosa; contempla questo uomo di dolore, familiare col patire; seguiLo nel Getsemani e guarda come versa gocce di sangue e sudore. La tua fede non deve avere nulla a che fare con ciò che c'è dentro di te, ma con qualcosa che è al di fuori dite. Credi in Colui che, inchiodato mani e piedi sul legno della croce, dona la Sua vita per i peccatori, per te. Lì c'è "l'oggetto" della tua fede salvifica, non in te stesso, né in qualcosa che lo Spirito Santo ti ha fatto sentire o ha promesso di fare per te: devi guardare a Cristo ed unicamente a Lui!
Poi lascia che la tua fede consideri Cristo risorto dai morti. GuardaLo, ha portato su di Sé la maledizione ed ora, risuscitando, riceve la giustificazione. Muore per pagare il debito e risorge per inchiodare sulla croce il certificato di avvenuto pagamento. GuardaLo ascendere al cielo e intercedere, anche oggi, presso il trono del Padre. Egli sta supplicando a favore del Suo popolo e offre la Sua autorevole intercessione a tutti coloro che vengono a Dio per mezzo di Lui. Gesù Cristo - come Dio, come uomo, come vivente, come morto, come risorto e come Re del cielo - e Lui soltanto, deve essere l'oggetto della nostra fede, per il perdono dei peccati. Non devi confidare in nient'altro, Egli deve essere l'unico appoggio e l'unico sostegno su cui confidare; ogni altra cosa che tu volessi aggiungergli sarebbe sbagliato e contro Cristo, costituirebbe una ribellione alla sovranità del Signore Gesù.
Gesù, dunque, è il perfetto sostituto, che ha preso il tuo posto per vivere in osservanza alla legge divina, per pagare con la morte i tuoi peccati, per risorgere a nuova vita e per ascendere al Cielo.
La dottrina della sostituzione è talmente essenziale nel piano della salvezza che ritengo opportuno spiegarla con maggiore dovizia di particolari. Dio è giusto, perciò deve punire il peccato; Dio è misericordioso, perciò vuole perdonare coloro che credono in Gesù. Come può fare entrambe le cose? Come può essere, nello stesso tempo, un Dio giusto che infligge la punizione e un Dio misericordioso che accoglie il peccatore? Ha agito così: ha tolto i peccati del Suo popolo e li ha posti su Cristo, così ora i credenti appaiono innocenti come se non avessero mai peccato e Gesù, invece, porta su di Sé tutti i peccati del mondo. I peccati del Suo popolo sono stati realmente ed effettivamente tolti (non simbolicamente o metaforicamente) e sono stati letteralmente posti su Gesù. Poi, Dio è uscito con la Sua spada a punire il peccatore e ha incontrato Cristo; Egli non aveva mai peccato, ma gli erano stati imputati tutti i peccati dell'umanità. La giustizia divina dunque si è riversata su Cristo come se fosse stato davvero Lui il peccatore e Lo ha punito per i peccati del Suo popolo. Lo ha punito con assoluta giustizia ed il massimo rigore, pretendendo da Lui il pagamento di ogni nostra colpa, senza eccezione.
Chi considera Cristo il suo sostituto, e mette in Lui la sua fiducia, è pertanto liberato dalla maledizione della Legge. Caro fratello, quando guardi Cristo che ubbidisce alla Legge divina, la tua fede dovrebbe esclamare: "La sta osservando al posto mio". Quando Lo vedi morire, dovresti contare ogni goccia di sangue e dire: "Così Egli ha tolto via i miei peccati". Quando Lo vedi risorgere dai morti, devi dichiarare: "Egli risorge per essere il capo e la primizia di tutti i Suoi eletti".
Infine, quando Lo vedi seduto alla destra del Padre, devi considerare che sta intercedendo affinché tutti quelli per cui è morto possano arrivare a sedere anch'essi alla destra del Padre. Impara a considerare Cristo come se, agli occhi di Dio, fosse Lui il peccatore. "In Lui non c'era peccato", Egli era "il Giusto", ma Dio "l'ha fatto esser peccato per noi, affinché noi diventassimo giustizia di Dio in lui" (2Corinzi 5:21). Tutto ciò che avrebbero dovuto patire gli ingiusti l'ha patito Cristo, "una volta per tutte", e ha tolto per sempre i loro peccati col Suo sacrificio espiatorio.
Questo è il grande "oggetto" della fede. Io ti prego di non sbagliare mai su questo punto, poiché un errore sarebbe molto pericoloso, per non dire fatale. Per mezzo della fede, considera Cristo come sostituto nella vita, nella morte, nella sofferenza e nella risurrezione, di tutti i credenti e come sacrificio vicario per i peccati di tutti coloro che confidano in Lui. Visto in questa prospettiva, Cristo, dunque, è l'unico e perfetto oggetto della fede salvifica.
Vorrei sottolineare che, sicuramente, vi sarà qualcuno, dopo aver letto questa dichiarazione, il quale dirà: "Io crederei e sarei salvato, se...". Se cosa? Se Cristo è quel che dice d'essere? "No, il mio dubbio non riguarda Cristo". E allora, dov'è il problema? "Ebbene, crederei se avessi la forza di farlo, se fossi io ad agire" ma io ti dico che non potresti credere in Gesù se te la sentissi e se fossi tu ad agire, perché in tal caso crederesti in te stesso e non in Cristo. Questo dev'essere ben chiaro. Se tu ragioni così, allora confidi nelle tue sensazioni e nelle tue opere, il che è l'esatto contrario della fede in Cristo!
Fede non significa dedurre, sulla base di qualcosa di buono che c'è dentro di me, che sarò salvato; significa ammettere, tra i denti e anche a dispetto dei fatti, che sono colpevole agli occhi di Dio e che merito la Sua condanna. Significa credere che il sangue del Suo Figliuolo Gesù Cristo mi purifica da ogni peccato, e anche se la mia stessa coscienza mi condanna, io credo che Egli salva "perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio" (Ebrei 7:25).
Venire a Cristo come santi è facile. Anche confidare nelle cure del dottore quando stai bene è facile; ma mantenere la stessa fiducia in Lui quando ti senti morire e senti la malattia avanzare sotto pelle, nonostante che tu abbia preso le medicine che ti ha prescritto: questa è fede!
Analogamente, quando il peccato ti domina, quando senti che la legge divina ti condanna, nel momento m cui ti senti più peccatore, confidare nel perdono e nella salvezza di Cristo sembra un'impresa sovrumana. La fede che ha fatto crollare le mura di Gerico, la fede che ha risuscitato i morti, la fede che ha tappato la bocca dei leoni non era maggiore della fede necessaria ad un peccatore incallito per confidare nel sangue e nella giustificazione di Gesù Cristo. Ma se crederai sarai salvato, chiunque tu sia.
L'oggetto della fede, quindi, è Cristo come perfetto sostituto per ogni peccatore. Non l'Iddio Creatore o lo Spirito Santo, né tanto meno quel che sentiamo o meritiamo, ma solo ed unicamente il sacrificio espiatorio di Gesù Cristo va considerato come il vero fondamento della fede e della speranza di ogni credente.
Altri ancora cercano di rivolgersi a Dio-Spirito Santo. Si guardano dentro per vedere se provano determinate sensazioni e, in questo caso, la loro fede si rafforza; ma se quelle sensazioni non ci sono o svaniscono, la loro fede s'indebolisce. Perciò ricercano l'intervento interiore dello Spirito Santo, ma anche questo non è il corretto oggetto della fede del peccatore. Non è sbagliato confidare nel Padre e nello Spirito Santo, ma, per la specifica grazia della giustificazione e del perdono, l'unica soluzione è nel sangue dell'unico Mediatore: Gesù Cristo.
Il cristiano, dopo la conversione, deve confidare nello Spirito Santo; ma il peccatore, se vuole essere salvato, deve rivolgersi a Gesù Cristo e soltanto a Lui. So bene che la salvezza dipende da tutta la Trinità, ma il primo e immediato "oggetto" della fede del peccatore che vuol esser giustificato non è Dio-Padre, né Dio-Spirito Santo, ma Dio-Figlio, fattosi uomo per offrire il sacrificio espiatorio per i peccatori.
Hai "gli occhi della fede" ben aperti? Allora contempla Cristo come Dio. Se vuoi essere salvato credi che Egli è Dio, sovrano su tutto e benedetto in eterno. Prostrati davanti a Lui e accettaLo come "vero Dio da vero Dio", perché se non lo fai, non puoi avere parte in Lui. Quando hai creduto questo, credi in Gesù Cristo come uomo. Credi nella meravigliosa storia della Sua incarnazione. Fidati della testimonianza degli evangelisti, che presentano l'Infinito che si fa bambino, l'Eterno che si nasconde nel mortale, il Re del cielo si fa servo dei servi e Figlio dell'uomo. Credi e ammira il mistero della Sua incarnazione, perché se non credi in questo non puoi essere salvato.
E soprattutto, se vuoi essere salvato considera Cristo nella Sua perfetta giustizia. Guarda come osserva la Legge divina in modo irreprensibile, come ubbidisce al Padre senza mai sbagliare, come mantiene la Sua integrità senza mai cadere in difetto. Considera che tutto questo è stato fatto per te! Tu non potevi osservare la Legge ed Egli l'ha osservata al posto tuo; tu non potevi ubbidire a Dio perfettamente e la Sua ubbidienza prende il posto della tua, giustificandoti!
Ma fai particolare attenzione perché la tua fede contempli soprattutto la morte espiatoria di Gesù Cristo. Guarda l'Agnello di Dio muto davanti a chi lo tosa; contempla questo uomo di dolore, familiare col patire; seguiLo nel Getsemani e guarda come versa gocce di sangue e sudore. La tua fede non deve avere nulla a che fare con ciò che c'è dentro di te, ma con qualcosa che è al di fuori dite. Credi in Colui che, inchiodato mani e piedi sul legno della croce, dona la Sua vita per i peccatori, per te. Lì c'è "l'oggetto" della tua fede salvifica, non in te stesso, né in qualcosa che lo Spirito Santo ti ha fatto sentire o ha promesso di fare per te: devi guardare a Cristo ed unicamente a Lui!
Poi lascia che la tua fede consideri Cristo risorto dai morti. GuardaLo, ha portato su di Sé la maledizione ed ora, risuscitando, riceve la giustificazione. Muore per pagare il debito e risorge per inchiodare sulla croce il certificato di avvenuto pagamento. GuardaLo ascendere al cielo e intercedere, anche oggi, presso il trono del Padre. Egli sta supplicando a favore del Suo popolo e offre la Sua autorevole intercessione a tutti coloro che vengono a Dio per mezzo di Lui. Gesù Cristo - come Dio, come uomo, come vivente, come morto, come risorto e come Re del cielo - e Lui soltanto, deve essere l'oggetto della nostra fede, per il perdono dei peccati. Non devi confidare in nient'altro, Egli deve essere l'unico appoggio e l'unico sostegno su cui confidare; ogni altra cosa che tu volessi aggiungergli sarebbe sbagliato e contro Cristo, costituirebbe una ribellione alla sovranità del Signore Gesù.
Gesù, dunque, è il perfetto sostituto, che ha preso il tuo posto per vivere in osservanza alla legge divina, per pagare con la morte i tuoi peccati, per risorgere a nuova vita e per ascendere al Cielo.
La dottrina della sostituzione è talmente essenziale nel piano della salvezza che ritengo opportuno spiegarla con maggiore dovizia di particolari. Dio è giusto, perciò deve punire il peccato; Dio è misericordioso, perciò vuole perdonare coloro che credono in Gesù. Come può fare entrambe le cose? Come può essere, nello stesso tempo, un Dio giusto che infligge la punizione e un Dio misericordioso che accoglie il peccatore? Ha agito così: ha tolto i peccati del Suo popolo e li ha posti su Cristo, così ora i credenti appaiono innocenti come se non avessero mai peccato e Gesù, invece, porta su di Sé tutti i peccati del mondo. I peccati del Suo popolo sono stati realmente ed effettivamente tolti (non simbolicamente o metaforicamente) e sono stati letteralmente posti su Gesù. Poi, Dio è uscito con la Sua spada a punire il peccatore e ha incontrato Cristo; Egli non aveva mai peccato, ma gli erano stati imputati tutti i peccati dell'umanità. La giustizia divina dunque si è riversata su Cristo come se fosse stato davvero Lui il peccatore e Lo ha punito per i peccati del Suo popolo. Lo ha punito con assoluta giustizia ed il massimo rigore, pretendendo da Lui il pagamento di ogni nostra colpa, senza eccezione.
Chi considera Cristo il suo sostituto, e mette in Lui la sua fiducia, è pertanto liberato dalla maledizione della Legge. Caro fratello, quando guardi Cristo che ubbidisce alla Legge divina, la tua fede dovrebbe esclamare: "La sta osservando al posto mio". Quando Lo vedi morire, dovresti contare ogni goccia di sangue e dire: "Così Egli ha tolto via i miei peccati". Quando Lo vedi risorgere dai morti, devi dichiarare: "Egli risorge per essere il capo e la primizia di tutti i Suoi eletti".
Infine, quando Lo vedi seduto alla destra del Padre, devi considerare che sta intercedendo affinché tutti quelli per cui è morto possano arrivare a sedere anch'essi alla destra del Padre. Impara a considerare Cristo come se, agli occhi di Dio, fosse Lui il peccatore. "In Lui non c'era peccato", Egli era "il Giusto", ma Dio "l'ha fatto esser peccato per noi, affinché noi diventassimo giustizia di Dio in lui" (2Corinzi 5:21). Tutto ciò che avrebbero dovuto patire gli ingiusti l'ha patito Cristo, "una volta per tutte", e ha tolto per sempre i loro peccati col Suo sacrificio espiatorio.
Questo è il grande "oggetto" della fede. Io ti prego di non sbagliare mai su questo punto, poiché un errore sarebbe molto pericoloso, per non dire fatale. Per mezzo della fede, considera Cristo come sostituto nella vita, nella morte, nella sofferenza e nella risurrezione, di tutti i credenti e come sacrificio vicario per i peccati di tutti coloro che confidano in Lui. Visto in questa prospettiva, Cristo, dunque, è l'unico e perfetto oggetto della fede salvifica.
Vorrei sottolineare che, sicuramente, vi sarà qualcuno, dopo aver letto questa dichiarazione, il quale dirà: "Io crederei e sarei salvato, se...". Se cosa? Se Cristo è quel che dice d'essere? "No, il mio dubbio non riguarda Cristo". E allora, dov'è il problema? "Ebbene, crederei se avessi la forza di farlo, se fossi io ad agire" ma io ti dico che non potresti credere in Gesù se te la sentissi e se fossi tu ad agire, perché in tal caso crederesti in te stesso e non in Cristo. Questo dev'essere ben chiaro. Se tu ragioni così, allora confidi nelle tue sensazioni e nelle tue opere, il che è l'esatto contrario della fede in Cristo!
Fede non significa dedurre, sulla base di qualcosa di buono che c'è dentro di me, che sarò salvato; significa ammettere, tra i denti e anche a dispetto dei fatti, che sono colpevole agli occhi di Dio e che merito la Sua condanna. Significa credere che il sangue del Suo Figliuolo Gesù Cristo mi purifica da ogni peccato, e anche se la mia stessa coscienza mi condanna, io credo che Egli salva "perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio" (Ebrei 7:25).
Venire a Cristo come santi è facile. Anche confidare nelle cure del dottore quando stai bene è facile; ma mantenere la stessa fiducia in Lui quando ti senti morire e senti la malattia avanzare sotto pelle, nonostante che tu abbia preso le medicine che ti ha prescritto: questa è fede!
Analogamente, quando il peccato ti domina, quando senti che la legge divina ti condanna, nel momento m cui ti senti più peccatore, confidare nel perdono e nella salvezza di Cristo sembra un'impresa sovrumana. La fede che ha fatto crollare le mura di Gerico, la fede che ha risuscitato i morti, la fede che ha tappato la bocca dei leoni non era maggiore della fede necessaria ad un peccatore incallito per confidare nel sangue e nella giustificazione di Gesù Cristo. Ma se crederai sarai salvato, chiunque tu sia.
L'oggetto della fede, quindi, è Cristo come perfetto sostituto per ogni peccatore. Non l'Iddio Creatore o lo Spirito Santo, né tanto meno quel che sentiamo o meritiamo, ma solo ed unicamente il sacrificio espiatorio di Gesù Cristo va considerato come il vero fondamento della fede e della speranza di ogni credente.
PERCHÉ CREDERE E DOVE NASCE LA FEDE?
La fede viene dall'udire... la parola di Cristo" (Romani 10:17). Ma come mai non tutti gli uomini ascoltano e, pur udendo, molti rimangono increduli? Da dove nasce la fede nell'uomo? Dal punto di vista umano, la fede nasce come risultato di un senso di necessità. Una persona avverte l'urgente necessità di un Salvatore, scopre che Cristo è proprio il Salvatore di cui ha bisogno e perciò, non potendo farcela da sola, crede in Gesù. L'uomo non trova via di scampo in sé stesso, sente che se non accetterà Cristo perirà eternamente, quindi lo fa perché non ha alternativa; si sente stretto in un angolo a causa del peccato e l'unica via d'uscita è accettare la giustizia di un Altro. Ha capito che non può salvarsi con le proprie buone opere o le proprie sofferenze; perciò si umilia e fa l'unica cosa che gli rimane per non essere condannato: accogliere la salvezza offertagli da Gesù.
Ma facciamo un passo indietro. Da dove nasce questo senso di necessità nell'uomo? Come mai alcuni avvertono il bisogno di conoscere Cristo, mentre tanti altri sembrano non avvertirlo? Di sicuro gli altri ne hanno altrettanto bisogno, ma come mai solo alcuni si sentono peccatori, perduti e spinti verso Cristo? La risposta è che questo è il dono di Dio, come conseguenza della convinzione dello Spirito Santo che attira gli uomini a Cristo servendosi della Parola di Dio, della legge divina, la quale mette a nudo ogni peccatore e Io convince di peccato. L'opera combinata della Parola e dello Spirito Santo produce la profonda certezza di peccato, di giustizia e di giudizio (cfr. Giovanni 16:8). A questo punto, il peccatore si sente come una nave in balia della tempesta e non ci pensa due volte a correre al sicuro in questo porto celeste. La salvezza in Cristo è così antitetica alla nostra mente carnale, così opposta all'idea umana che vorrebbe meritarsela con le proprie opere, che non ci rivolgeremmo mai a Gesù se lo Spirito Santo e la Parola di Dio non ci convincessero che noi siamo nulla e che l'unica soluzione è Cristo.
Ma facciamo un altro passo indietro. Come mai, però, alcuni avvertono la necessità della salvezza ed altri no?
L'adesione alla grazia non sarà, né potrà essere, una conclusione logica, perché le dottrine che ci vengono dall'alto, non essendo frutto della sapienza umana, non possono affatto essere adeguatamente ridotte alla nostra misura terrena. La redenzione, infatti, è d'ispirazione soprannaturale. Essa non consiste solamente nel liberare l'uomo da quello che quaggiù l'opprime, nel fargli superare i suoi limiti personali, o anche nel condurlo ad una certa elevazione morale o spirituale, pur grande e sublime che sia, ma soprattutto nel ricondurlo gradito alla presenza di Dio. Grazie ad essa, una nuova vita inizia per l'uomo.
Per ritrovare la via abbandonata, ogni individuo dovrà entrare in contatto vitale con Cristo, nel Quale si trova inesauribile la grazia di Dio, perduta o rifiutata. La restituzione dell'uomo - caduto nel peccato - al favore di Dio si compie solo "per" e "in" Cristo Redentore. Il potere di conoscere Dio appartiene all'uomo, non secondo ciò che egli è in sé stesso, ma secondo ciò che ha compiuto Gesù Cristo. Soltanto l'uomo che risponde affermativamente alla chiamata divina, attuata per mezzo del Suo Unigenito Figliuolo, può conoscere Dio. Solo da Lui l'uomo può ricevere l'elevazione e l'energia soprannaturale, senza la quale tutti gli atti personali espiatori e riparatori non avrebbero alcun valore.
D'altra parte, concludere che l'efficacia della redenzione consista unicamente nel costituire un dono oggettivo fatto a tutti gli uomini indipendentemente dalla loro autonoma e libera scelta, significherebbe svalutare la dignità donataci da Dio stesso. La redenzione in Cristo, nel momento m cui viene accettata, diventa una realtà interiore di ciascuno di noi. Essa lavora le anime, illumina le intelligenze, stimola la volontà; più che un esempio ed una realtà morale, essa è una realtà divina: è Cristo presente in noi mediante la Sua grazia salvifica.
È una vita nuova perché l'uomo l'affronta con una nuova prospettiva. Se prima, essendo nel peccato e perciò separato da Dio, viveva concependo la vita come la realizzazione dei propri desideri carnali, ora, avendo realizzato la salvezza in Cristo, comincia a viverla in funzione del traguardo celeste.
La fede che salva non è un principio scoperto nel corso di un'analisi descrittiva e nemmeno è individuato in un processo di astrazione, ma è colto per riflessione: "Ma rientrato in sé... si alzò" (cfr. la parabola del Figlio Prodigo in Luca 15:11-32). Noi comprendiamo la necessità di rispondere alla chiamata divina, quando lo Spirito di Cristo fa brillare ai nostri occhi le qualità divine, tra le quali splende in un modo specialissimo l'amore incommensurabile di Dio.
L'opera della redenzione ci scandalizza, ci lascia perplessi, perché l'uomo naturale conosce il Dio astratto dei filosofi, non il Dio concreto e vivente dell'Evangelo. I preconcetti della nostra natura umana conducono soltanto ad una falsa redenzione, spogliando l'atto salvifico della grazia del suo carattere soprannaturale, del suo valore divino, della sua vera efficacia. La grazia rivelatrice di Dio, in primo luogo, si rivolge alla nostra fede, poi e soltanto allora, alla nostra ragione. Il paradosso è questo: molti uomini non rispondono positivamente alla chiamata di Dio perché troppo occupati a conoscerLo. Sopprimere la fede nella redenzione di Cristo, significa annullare la reale efficacia della grazia divina.
Tuttavia, noi non siamo capaci di penetrarvi con le nostre forze. Infatti, l'uomo naturale lotta contro la grazia. La sua apparente apertura alla grazia molto spesso maschera una censura. Uno slancio ineluttabile porta l'uomo ad affermarsi, a comprendersi, ad auto-giustificarsi e lo porta ad affermare che può fare a meno della grazia di Dio.
Tuttavia, Cristo non è soltanto "la Via, la Verità e la Vita" in quanto è l'uomo perfetto - l'esempio unico per tutti gli uomini - lo è soprattutto in quanto è Dio; è la Vita perché è la sorgente vera di una nuova vita per l'umanità; è la Via da seguire, perché nel nostro sforzo verso Dio dobbiamo assolutamente passare attraverso di Lui, affinché l'atto compiuto abbia il suo valore; è la Verità, perché dobbiamo imparare da Lui quello che dobbiamo fare nell'ordine soprannaturale. Quindi, se rimangono il peccato e la possibilità della perdizione per alcuni, non è già per una carenza dell'opera redentrice compiuta da Cristo sulla croce, ma dal segreto della responsabilità personale, della libera determinazione lasciata all'uomo perché decida egli stesso della sua salvezza.
Dio vuole farci Suoi figli e per questo comunica una nuova natura, ci rende partecipi della Sua stessa vita. L'opera di Cristo non ha altro scopo se non quello di recarci questo dono divino, questa vita nuova. Ma è soltanto con una vita arresa al Maestro divino che questo dono si custodisce (cfr. Giovanni 15:5). Soltanto dalla Sua grazia prorompente possono scaturire le necessarie energie per rimanere perseveranti sino alla fine.
Allora, alla domanda che ci eravamo posti all'inizio di questo capitolo, potremo rispondere così: la conoscenza di Dio per fede indica una doppia possibilità: da un lato quella della rivelazione e dell'illuminazione divina, mentre dall'altro quella dell'accettazione umana della grazia divina. Tuttavia, queste due possibilità non vengono giustapposte sullo stesso piano; non si afferma che la seconda supplisce ad un'inefficienza della prima. Il primo atto è la rivelazione di Dio in Cristo Gesù; il secondo è la capacità dell'uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio, di dire "sì" all'invito divino.
In altri termini, la conoscenza della rivelazione divina ci permette di confessare che Dio si è rivelato in Gesù Cristo. Quella naturale ci permette di affermare che la Parola di Dio, il Verbo fatto carne, ha un valore personale, proprio per noi. L'uomo non può credere in Dio se non per mezzo di Dio, ma è pur sempre l'uomo a credere, e non qualcun altro che decide per lui. La salvezza implica necessariamente una fede ed una scelta personale in un Dio che si rivela personalmente nella vita dell'uomo.
È dunque evidente che la redenzione cristiana in ognuno di noi è un'opera che comprende due aspetti, quella di Dio che la procura e quella dell'uomo, che la riceve. Quest'ultimo non deve subire la redenzione, ma accettarla liberamente e farla sua. Tale redenzione lascia intatta la libertà dell'uomo, che la può rifiutare, nonostante la sua sovrabbondante ricchezza; quindi, se qualcuno non raggiungerà il traguardo della vita eterna prefissato da Dio per tutti gli uomini (cfr. Giovanni 3:16; Atti 2:21; 1 Timoteo 2:4), non sarà per la crudeltà divina, ma per l'infinito rispetto di Dio verso la libertà dell'uomo.
Ma facciamo un passo indietro. Da dove nasce questo senso di necessità nell'uomo? Come mai alcuni avvertono il bisogno di conoscere Cristo, mentre tanti altri sembrano non avvertirlo? Di sicuro gli altri ne hanno altrettanto bisogno, ma come mai solo alcuni si sentono peccatori, perduti e spinti verso Cristo? La risposta è che questo è il dono di Dio, come conseguenza della convinzione dello Spirito Santo che attira gli uomini a Cristo servendosi della Parola di Dio, della legge divina, la quale mette a nudo ogni peccatore e Io convince di peccato. L'opera combinata della Parola e dello Spirito Santo produce la profonda certezza di peccato, di giustizia e di giudizio (cfr. Giovanni 16:8). A questo punto, il peccatore si sente come una nave in balia della tempesta e non ci pensa due volte a correre al sicuro in questo porto celeste. La salvezza in Cristo è così antitetica alla nostra mente carnale, così opposta all'idea umana che vorrebbe meritarsela con le proprie opere, che non ci rivolgeremmo mai a Gesù se lo Spirito Santo e la Parola di Dio non ci convincessero che noi siamo nulla e che l'unica soluzione è Cristo.
Ma facciamo un altro passo indietro. Come mai, però, alcuni avvertono la necessità della salvezza ed altri no?
L'adesione alla grazia non sarà, né potrà essere, una conclusione logica, perché le dottrine che ci vengono dall'alto, non essendo frutto della sapienza umana, non possono affatto essere adeguatamente ridotte alla nostra misura terrena. La redenzione, infatti, è d'ispirazione soprannaturale. Essa non consiste solamente nel liberare l'uomo da quello che quaggiù l'opprime, nel fargli superare i suoi limiti personali, o anche nel condurlo ad una certa elevazione morale o spirituale, pur grande e sublime che sia, ma soprattutto nel ricondurlo gradito alla presenza di Dio. Grazie ad essa, una nuova vita inizia per l'uomo.
Per ritrovare la via abbandonata, ogni individuo dovrà entrare in contatto vitale con Cristo, nel Quale si trova inesauribile la grazia di Dio, perduta o rifiutata. La restituzione dell'uomo - caduto nel peccato - al favore di Dio si compie solo "per" e "in" Cristo Redentore. Il potere di conoscere Dio appartiene all'uomo, non secondo ciò che egli è in sé stesso, ma secondo ciò che ha compiuto Gesù Cristo. Soltanto l'uomo che risponde affermativamente alla chiamata divina, attuata per mezzo del Suo Unigenito Figliuolo, può conoscere Dio. Solo da Lui l'uomo può ricevere l'elevazione e l'energia soprannaturale, senza la quale tutti gli atti personali espiatori e riparatori non avrebbero alcun valore.
D'altra parte, concludere che l'efficacia della redenzione consista unicamente nel costituire un dono oggettivo fatto a tutti gli uomini indipendentemente dalla loro autonoma e libera scelta, significherebbe svalutare la dignità donataci da Dio stesso. La redenzione in Cristo, nel momento m cui viene accettata, diventa una realtà interiore di ciascuno di noi. Essa lavora le anime, illumina le intelligenze, stimola la volontà; più che un esempio ed una realtà morale, essa è una realtà divina: è Cristo presente in noi mediante la Sua grazia salvifica.
È una vita nuova perché l'uomo l'affronta con una nuova prospettiva. Se prima, essendo nel peccato e perciò separato da Dio, viveva concependo la vita come la realizzazione dei propri desideri carnali, ora, avendo realizzato la salvezza in Cristo, comincia a viverla in funzione del traguardo celeste.
La fede che salva non è un principio scoperto nel corso di un'analisi descrittiva e nemmeno è individuato in un processo di astrazione, ma è colto per riflessione: "Ma rientrato in sé... si alzò" (cfr. la parabola del Figlio Prodigo in Luca 15:11-32). Noi comprendiamo la necessità di rispondere alla chiamata divina, quando lo Spirito di Cristo fa brillare ai nostri occhi le qualità divine, tra le quali splende in un modo specialissimo l'amore incommensurabile di Dio.
L'opera della redenzione ci scandalizza, ci lascia perplessi, perché l'uomo naturale conosce il Dio astratto dei filosofi, non il Dio concreto e vivente dell'Evangelo. I preconcetti della nostra natura umana conducono soltanto ad una falsa redenzione, spogliando l'atto salvifico della grazia del suo carattere soprannaturale, del suo valore divino, della sua vera efficacia. La grazia rivelatrice di Dio, in primo luogo, si rivolge alla nostra fede, poi e soltanto allora, alla nostra ragione. Il paradosso è questo: molti uomini non rispondono positivamente alla chiamata di Dio perché troppo occupati a conoscerLo. Sopprimere la fede nella redenzione di Cristo, significa annullare la reale efficacia della grazia divina.
Tuttavia, noi non siamo capaci di penetrarvi con le nostre forze. Infatti, l'uomo naturale lotta contro la grazia. La sua apparente apertura alla grazia molto spesso maschera una censura. Uno slancio ineluttabile porta l'uomo ad affermarsi, a comprendersi, ad auto-giustificarsi e lo porta ad affermare che può fare a meno della grazia di Dio.
Tuttavia, Cristo non è soltanto "la Via, la Verità e la Vita" in quanto è l'uomo perfetto - l'esempio unico per tutti gli uomini - lo è soprattutto in quanto è Dio; è la Vita perché è la sorgente vera di una nuova vita per l'umanità; è la Via da seguire, perché nel nostro sforzo verso Dio dobbiamo assolutamente passare attraverso di Lui, affinché l'atto compiuto abbia il suo valore; è la Verità, perché dobbiamo imparare da Lui quello che dobbiamo fare nell'ordine soprannaturale. Quindi, se rimangono il peccato e la possibilità della perdizione per alcuni, non è già per una carenza dell'opera redentrice compiuta da Cristo sulla croce, ma dal segreto della responsabilità personale, della libera determinazione lasciata all'uomo perché decida egli stesso della sua salvezza.
Dio vuole farci Suoi figli e per questo comunica una nuova natura, ci rende partecipi della Sua stessa vita. L'opera di Cristo non ha altro scopo se non quello di recarci questo dono divino, questa vita nuova. Ma è soltanto con una vita arresa al Maestro divino che questo dono si custodisce (cfr. Giovanni 15:5). Soltanto dalla Sua grazia prorompente possono scaturire le necessarie energie per rimanere perseveranti sino alla fine.
Allora, alla domanda che ci eravamo posti all'inizio di questo capitolo, potremo rispondere così: la conoscenza di Dio per fede indica una doppia possibilità: da un lato quella della rivelazione e dell'illuminazione divina, mentre dall'altro quella dell'accettazione umana della grazia divina. Tuttavia, queste due possibilità non vengono giustapposte sullo stesso piano; non si afferma che la seconda supplisce ad un'inefficienza della prima. Il primo atto è la rivelazione di Dio in Cristo Gesù; il secondo è la capacità dell'uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio, di dire "sì" all'invito divino.
In altri termini, la conoscenza della rivelazione divina ci permette di confessare che Dio si è rivelato in Gesù Cristo. Quella naturale ci permette di affermare che la Parola di Dio, il Verbo fatto carne, ha un valore personale, proprio per noi. L'uomo non può credere in Dio se non per mezzo di Dio, ma è pur sempre l'uomo a credere, e non qualcun altro che decide per lui. La salvezza implica necessariamente una fede ed una scelta personale in un Dio che si rivela personalmente nella vita dell'uomo.
È dunque evidente che la redenzione cristiana in ognuno di noi è un'opera che comprende due aspetti, quella di Dio che la procura e quella dell'uomo, che la riceve. Quest'ultimo non deve subire la redenzione, ma accettarla liberamente e farla sua. Tale redenzione lascia intatta la libertà dell'uomo, che la può rifiutare, nonostante la sua sovrabbondante ricchezza; quindi, se qualcuno non raggiungerà il traguardo della vita eterna prefissato da Dio per tutti gli uomini (cfr. Giovanni 3:16; Atti 2:21; 1 Timoteo 2:4), non sarà per la crudeltà divina, ma per l'infinito rispetto di Dio verso la libertà dell'uomo.
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